Batterie e pale eoliche: come l’introversione può rivelarsi una carta vincente

Scritto da Federica Piccioni

“Gli estroversi, in quanto “pale eoliche”, hanno bisogno del vento, ossia dello scambio con gli altri, mentre gli introversi, in quanto “batterie”, per recuperare le forze necessitano di momenti di solitudine”
Sylvia Löhken

Impetuos* come pale eoliche o riflessiv* come batterie? Quale atteggiamento è più efficace nella vita? Difficile dare una risposta.

Indubbiamente viviamo in una società che tende ad associare, anche in modo non sempre consapevole, l’estroversione all’idea di successo e felicità e l’introversione a passività o mancanza di carisma.

In molt* si sono contrapposti a questa categorizzazione e tra loro anche Susan Cain, autrice di “Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare”, uno dei saggi più conosciuti sull’introversione. Cain scrive che gli/le introvers* penalizzat* per la loro indole sono equiparabili a “una donna che viva in un mondo su misura per gli uomini: trascurata a causa di un aspetto che la definisce nel profondo”.

E se vi dicessimo che dietro premi Nobel, bestseller mondiali per bambin* (Harry Potter per citarne uno), aziende tech multimilionarie (Microsoft e Meta in primis) e premi Oscar si celano personalità introverse?

Che vi sorprenda o meno, un passo indietro nella storia è necessario.

Il primo a rendere noti i concetti di introversione ed estroversione fu Carl G. Jung, che, nel suo testo “Tipi psicologici” del 1921 le identificò come caratteristiche essenziali della personalità, peculiari e preziose in egual misura. Sia nel campo della psicologia che della scienza, i progressi su questo tema sono stati enormi, soprattutto a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, quando diverse ricerche hanno stabilito che la differenza tra introversione ed estroversione è prima di tutto biologica. Sebbene non esista una definizione univoca di introversione, la psicologia attuale concorda su un elemento fondamentale che la distingue dall’estroversione, ovvero l’atteggiamento verso gli stimoli provenienti dall’ambiente circostante.

Veniamo ai numeri. Ci sono più introvers* o estrovers* nel mondo? C’è chi sostiene che il 75% della popolazione sia estroverso (Marti Olsen Laney, 2002), altri ipotizzano un rapporto più equilibrato al 50:50 (Helgoe, 2008 e Zack, 2010). Non sono disponibili ad oggi studi che indaghino la percentuale di uomini e donne introvers* e le sue conseguenze in rapporto al genere. Un articolo tratto dal sito Quiet Revolution sostiene tuttavia che la difficoltà per le donne a raggiungere posizioni apicali nel lavoro non derivi solo dalle discriminazioni di genere ma anche dal cosiddetto temperament gap. L’introversione sarebbe dunque un (ulteriore) fattore di discriminazione per le donne nella sfera lavorativa secondo Cain.

Introversione: punti di forza e fraintendimenti

Cosa farebbero introvers* ed estrovers* dopo una giornata di lavoro intensa fatta di video call o riunioni in presenza? I/le prim*, con molta probabilità, si precipiterebbero a un evento o a una festa con molt* amici/amiche e musica ad alto volume, mentre i/le second* si dedicherebbero ad attività più introspettive come una cena con un/una car* amic*, la lettura di un libro o una sessione di yoga. Non fraintendiamo, l’introvers* può andare alla ricerca di stimoli forti, godersi appieno un party così come farebbe l’estrovers*, ma necessiterà poi di maggior riposo e solitudine per rigenerarsi.

Nonostante le differenze in termini di interazione sociale e modalità di recupero delle energie, non esistono persone completamente introverse o estroverse e “Se esistessero finirebbero rinchiusi in manicomio“, come ha affermato lo stesso Jung. Tuttavia, esistono qualità ben precise e proprie dell’indole introversa. Riassumiamo i punti di forza più distintivi:

  1. Riflessività: ponderare le decisioni e riflettere prima di prendere la parola, soprattutto nei contesti pubblici
  2. Ascolto: saper ascoltare il punto di vista dell’altr* e costruire dialoghi calibrati
  3. Pacatezza: avere un eloquio più lento e uno stile di comunicazione più tranquillo, meno esuberante
  4. Perseveranza: canalizzare le proprie energie verso il raggiungimento di un obiettivo senza abbandonarlo a metà strada
  5. Indipendenza: saper stare sol*, caratteristica spesso confusa con l’asocialità, sinonimo di autosufficienza e libertà da condizionamenti esterni
  6. Concretezza: mettere a disposizione la propria energia realizzativa e perseveranza per uno scopo concreto. Raramente gli/le introvers* si spendono se non hanno un valore aggiunto da apportare
  7. Empatia: immedesimarsi nei panni degli/delle altr*, essere dispost* a trovare compromessi per giungere a un accordo condiviso da tutte le parti

Se finora abbiamo analizzato il ventaglio di punti di forza a disposizione degli/delle introvers*, veniamo ora alle note dolenti. In determinati contesti, infatti, tali atteggiamenti possono essere mal interpretati. In situazioni molto concitate e rumorose, per esempio, l’interazione sociale può diventare particolarmente sfidante per gli/le introvers*, con inevitabili svantaggi sul piano comunicativo. Essere etichettati come troppo timid*, taciturn* o, nella peggiore delle ipotesi, come asocial*, per citare degli esempi. Questi fraintendimenti creano spesso associazioni erronee, soprattutto nei contesti lavorativi, dove è frequente che, a parità di contenuti, un eloquio più lento e pacato sia giudicato meno incisivo rispetto a un discorso dai toni più esuberanti. O che la tendenza a riflettere prima di intervenire in un meeting venga scambiata per indecisione o passività.

Azioni da mettere in pratica 

La domanda sorge spontanea: cosa possono fare gli/le introvers* per valorizzare il loro modo di essere? Nel suo libro, Sylvia Löhken suggerisce di prendere consapevolezza delle proprie debolezze e trasformarle in bisogni. I bisogni infatti “sono ottimi indicatori per costruire una buona comunicazione personale”. Decliniamo tali bisogni in alcune azioni concrete da adottare:

Azione 1: conoscere il proprio sweet spot

Torniamo alla situazione rumorosa e caotica di qualche riga fa: un’esposizione prolungata a tali condizioni prosciuga le energie dell’introvers* spingendol* a scambi sociali molto limitati o addirittura all’isolamento. Allo stesso modo anche la quotidianità multitasking alla quale tutt* siamo abituat* può essere molto energivora se mal gestita. In virtù della principale differenza tra estrovers* e introvers*, ovvero il diverso approccio agli stimoli esterni, è molto importante per quest* ultim* evitare la sovrastimolazione. Per farlo è necessaria una piena consapevolezza di ciò che Cain definisce sweet spot, ovvero il luogo dove è ottimale il livello di stimoli. Questa indicazione, tuttavia, non va confusa come un’esortazione a non uscire dalla propria comfort zone. Tutto il contrario: conoscere il proprio sweet spot consente all’introvers* di alternare attività più energeticamente impegnative a pause e momenti di svago per conseguire in modo più efficace i suoi obiettivi, che si trovino dentro o fuori l’area di comfort.

Azione 2: fare caso all’intonazione della propria voce

Oltre ai contenuti, il tono e il volume della propria voce sono gli elementi chiave per rendere efficace una conversazione, in tutti gli ambiti. La tendenza degli/delle introvers* ad esprimersi con un tono pacato e un volume di voce più basso può generare impazienza negli/nelle interlocutori/interlocutrici ed essere fraintesa con passività e mancanza di carattere. In realtà Löhken sostiene che il discriminante non è tanto il volume della voce quanto l’intonazione: un tono deciso risulta incisivo anche se il volume è basso; al contrario, una voce tremante viene interpretata come mancanza di personalità. Il consiglio “alza la voce” (quant* introvers* se lo sentono ripetere dalla prima elementare?) va dunque corretto in “metti più energia e decisione” nella tua voce. Solo in questo modo un’esposizione più pacata non apparirà meno efficace, a parità di contenuti, rispetto a una più esuberante.

Azione 3: comunicare il bisogno di riflettere

La diretta conseguenza di un eloquio più lento è la maggior durata dell’esposizione. Secondo Löhken ciò si verifica perché un/un’introvers* necessita di più tempo per elaborare le informazioni che ha immagazzinato. Tempo che un/una interlocutore/interlocutrice estrovers* fatica a concedere, continuando dunque a parlare o a interrompere perché teme che dall’altra parte non arrivi una risposta. In queste situazioni l’introvers* viene percepit*, anche inconsciamente, come passiv* e corre il rischio che le proprie idee passino in secondo piano. Una strategia per arginare questa eventualità è esplicitare a voce alta il proprio bisogno di riflettere, senza tentennamenti. Frasi semplici come “Mi dia un minuto” o “Sì, capisco la fretta. Ti faccio sapere il prima possibile”, pronunciate con tono deciso aiutano a prevenire l’erronea impressione di passività che aleggia sull’introversione.

Leadership introversa e alcuni esempi di leader introvers*

Va detto che le strategie che abbiamo raccontato richiedono allenamento costante e, soprattutto, potrebbero non funzionare al primo tentativo. Ma, ormai lo sappiamo, gli/le introvers* con la perseveranza vanno a braccetto e non demordono alla prima difficoltà. D’altronde ce lo insegna la storia, anche quella a noi contemporanea: gli/le introvers* possono essere dei/delle leader di successo, proprio come accennato all’inizio dell’articolo.

Nel suo libro, Cain cita l’attivista statunitense Rosa Parks, che nel 1955 si oppose con fermezza alla richiesta di un poliziotto di cedere il proprio posto su un bus a un bianco, dando vita al boicottaggio dei bus di Montgomery, in Alabama. Ci saremmo aspettat* una donna dalla personalità spavalda ma al contrario Parks era descritta da tutt* come una persona pacata, dalla voce sommessa ma allo stesso tempo forte e coraggiosa. Un altro indizio a sostegno del fatto che il binomio “pacatezza” e forza” è possibile. Venendo ai giorni nostri, molte altre personalità di spicco si definiscono introverse. A cominciare da Hollywood: l’attrice premio Oscar Meryl Streep per esempio, nonostante abbia vestito spesso i panni dell’estroversa (come dimenticare la sua interpretazione in “Mamma Mia!”) è un’introversa dichiarata. E poi c’è l’ambito tecnologico: da Bill Gates a Mark Zuckerberg fino ad arrivare a Elon Musk, pare che l’introversione sia un tratto diffuso anche nella Silicon Valley.

Un recente articolo sul sito di Randstad riporta uno studio sulle competenze comuni ai/alle leader di successo. Ebbene, sia il sapersi relazionare in modo onesto con gli/le altr* e con l’ambiente intorno che la predisposizione a creare legami duraturi nel tempo, sono risultate le capacità predominanti. Queste caratteristiche sono in perfetta armonia con le peculiarità della persona introversa che, quindi, ha tutte le doti necessarie a diventare leader. In questi termini il/la leader introvers* condivide parecchi tratti con il/la leader gentile, più predispost* alle relazioni di valore e all’ascolto senza aver necessariamente interesse a prevalere (di leadership gentile avevamo parlato in questo articolo). A fronte di tutto ciò, possiamo affermare che la strategia vincente nella vita non consiste esclusivamente nell’impetuosità della pala eolica o nella pacatezza di una batteria sotto carica ma nel rimanere fedeli a se stess* e alle proprie unicità. E anche l’introversione fa parte di queste.

 

Fonti:
Cain S., QUIET – Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare, Bompiani, 2012, 333 pp
Löhken S., Introversi e Felici. Trovare nel silenzio la propria arma segreta, Giunti Editore, 2019, 288 pp
https://www.huffpost.com/entry/its-not-just-gender-holding-you-back_b_589deaece4b0e172783a9b4b https://

www.internazionale.it/opinione/arthur-c-brooks/2021/06/11/introversi-estroversi
https://www.forbes.com/sites/heikkivaananen/2019/08/04/speak-less-do-more-what-introverted-leaders-bring-to-the-table/?sh=4790fe62177a
https://www.nytimes.com/guides/working-womans-handbook/how-to-survive-as-an-introvert
https://www.randstad.it/candidato/career-lab/fare-carriera/gli-introversi-al-lavoro-hanno-successo-ecco-perche/
https://www.quietrev.com/

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