L’energia che sprigiona una storia ben raccontata – Intervista a Inès Makula e Camilla Scassellati Sforzolini, fondatrici del podcast Made IT

A cura di Gaia Citterio

Fonte inarrestabile di storie sull’imprenditoria e il settore Start Up, “Made IT” si sta affermando come uno dei principali podcast di business in Italia. Le due presentatrici e ideatrici del format sono Inès Makula e Camilla Scassellati Sforzolini.

Da vorace ascoltatrice di ogni episodio, mi sono lanciata in una prima intervista per approfondire come è nata l’idea di un podcast che celebri il talento italiano.

Camilla nasce a Bologna e cresce tra Bruxelles e Roma. Dopo gli studi in relazioni internazionali, comincia a lavorare come consulente di comunicazione finanziaria e reputation management per Sard Verbinnen & Co prima a Londra e adesso a Los Angeles. Come Principal nell’azienda, Camilla aiuta alcune delle società più grandi al mondo a definire la loro strategia di comunicazione in momenti particolarmente complessi.

Inès nasce a Milano e cresce tra Milano, Londra e Roma. Inizia la sua carriera nel mondo della cosmetica, lavorando per sei anni nel gruppo Estee Lauder tra Londra e New York e poi per due anni come consulente marketing freelance. Nel 2021 lancia la sua prima startup, Gifty, nel mondo dei regali, si rende presto conto delle difficoltà di essere una solo founder e a inizio 2022 decide di raggiungere il progetto imprenditoriale di sua sorella, Clemi’s Market: un brand di prodotti per colazione e snack biologici.

Nell’ intervista abbiamo toccato diversi temi, come, dalla genesi di un’idea e dalla spinta irriverente del momento siano riuscite a conquistare una propria audience e a crearsi un proprio network, a quello che hanno imparato, come l’importanza di “provarci senza aspettare il momento giusto” che – spoiler! – “non esiste”.

D: – Inès, Camilla, come è nata l’idea di Made IT e come avete iniziato?

Il Podcast è nato dal desiderio di raccontare storie di successo italiane, dalla volontà di contribuire a diffondere storie imprenditoriali e di start up che sono riuscite a raggiungere un successo nel proprio campo e a divulgare step ed ostacoli che i founder hanno dovuto affrontare. Non avevamo una preparazione specifica, né una conoscenza approfondita del mondo imprenditoriale, solo la volontà di creare qualcosa che potesse fungere da vetrina per il talento italiano. Il punto di partenza per “scovare” storie da raccontare è stato il nostro network: abbiamo deciso di iniziare con tre prime interviste e vedere come andava, per poi proseguire con altre tre.

Ora sono arrivate all’ episodio n.62, tantissimi i settori che sono stati toccati: si viaggia dal Fintech, all’Healthcare, dal Proptech alle criptovalute e al gaming, fino ad arrivare a settori più “tradizionali” come il beauty, food e fitness.

(N.d.r. – Come ogni Millennial che si rispetti, Inès e Camilla ci hanno raccontato di aver attinto in primis a youtube come fonte “salvezza” per capire da dove partire e quali strumenti comprare. Dotatesi del primo microfono si sono suddivise le responsabilità: Camilla si sarebbe occupata dell’editing mentre Inès della parte di creazione del logo e della grafica).

D: – Raccontate storie di imprenditori, ma voi stesse vi siete messe in gioco creando il Podcast. Made IT – è già un modello economicamente sostenibile?

A quasi due anni dal lancio, la platea di ascoltatori si è ampliata notevolmente, all’inizio ci ascoltavano principalmente i nostri amici e famigliari, ma ecco che ora sono arrivati gli sponsor Macai o Young Platform: hanno capito la potenzialità di uno strumento che permette di raggiungere un pubblico molto fidelizzato come quello dei nostri ascoltatori.

Le sponsorizzazioni della piattaforma avvengono tramite gli strumenti “base” dell’online advertising, i cosidetti “pre roll – mid roll e post roll” che non sono altro che annunci pubblicitari inseriti all’inizio, durante e alla fine dell’episodio.

Altra maniera di monetizzare è essere scelti da uno dei “big”, come contenuto fruibile in esclusiva solo, per esempio, su “Spotify” o “Apple podcast”. Per ora non possiamo vivere basandoci sul Podcast, ma da quando abbiamo iniziato la nostra avventura abbiamo ampliato il Team, ora ci avvaliamo anche di due collaboratori free lance.

D: -Come fate ricerca e scegliete le persone da intervistare?

 Come vi raccontavamo siamo partite dal nostro network e pian piano siamo riuscite a farci introdurre, tramite il passaparola, contatti di persone, spunti e idee per nuovi episodi. Oppure, più semplicemente, tramite ricerca attiva su testate giornalistiche di settore o ricerca attiva su Linkedin. Ora che il podcast è più seguito e la rete di contatti che abbiamo si è fatta più fitta, riusciamo spesso a farci introdurre direttamente via mail alla persona che vogliamo intervistare. Quello che è cambiato è che ci arrivano anche richieste di interviste, succede che i founder o le agenzie di comunicazione ci contattino direttamente ed è per questo che prevediamo una “call introduttiva”, vogliamo capire se il nostro interlocutore sappia “raccontare la propria storia”. Per noi è infatti fondamentale entrare in sintonia con il nostro intervistato, questo ci permette di dare un taglio più personale e comunicativo.

Ed è così – se ancora non l’avete fatto, andate subito ad ascoltare un episodio! – che Camilla e Inès riescono a ricreare in modo semplice e allo stesso tempo professionale, l’atmosfera di una “chiacchierata” con persone dotate di una determinazione e di una storia personale fuori dal comune.

Purtroppo, hanno ricevuto anche qualche “no”, soprattutto, da donne: questo perché spesso noi donne, vittime della sindrome del perfezionismo, decidiamo di autoprecluderci esperienze che comportino il “metterci la faccia”, e così anche un’occasione di autopromozione viene persa, falcidiata sotto l’egida della pesantissima domanda “ma poi, cosa penseranno gli altri”? C’è stato anche chi ha detto di no per il timore di “cedere” parte della propria audience…

Ci raccontano infatti che è più facile intervistare uomini, e di come, invece, sia più difficile convincere le donne ad esporsi e a raccontare il proprio percorso, perché spesso pensano di non avercela ancora fatta.

Eppure, adesso, sembra proprio il momento giusto per mettersi in gioco e provare ad emergere perché, soprattutto nel mondo delle startup, la rappresentanza femminile è minore e gioco forza, la visibilità maggiore. Augurano alle ragazze interessate al mondo dell’imprenditoria di non aspettare di sentirsi pronte o di avere ogni cosa stabilita alla perfezione, perché quel momento non arriverà mai.

Ed il bello, ciò che rassicura e ispira, è che loro stesse siano partite in piccolo, ponendosi come obiettivo quello di portare a termine gli episodi iniziali, mentre ora hanno superato la milestone dei 100,000 downloads e possono contare su un seguito di follower che, solo su Linkedin, ammonta a 3K persone. Importante, anzi, importantissimo secondo Inès è la suddivisione del lavoro in un vero e proprio “spezzettamento” di piccoli compiti quotidiani, altrimenti la vetta da raggiungere appare troppo lontana ed è facile scoraggiarsi subito. Cosa che a loro, non è capitata.

 D -Tra le donne che avete intervistato, quale storia di quelle che avete raccontato vi ha colpito di più e perché? 

Inès: per me è stata l’intervista a Matilde Giglio, Co -Founder and CEO di Even Helathcare, un’azienda che ha come ambizione rivoluzionare il settore delle assicurazioni sanitarie in India. La sua grinta e la caparbietà, unite alla franchezza di non nascondere la propria ambizione – creare una “billion dollar company” – è quello che più mi ha colpita – https://open.spotify.com/episode/3ZnNvKd9pgkycpEMt7Dnna

Camilla: per me la risposta è Livia Cevolini, CEO di Energica Motor Company S.p.A., ha ripreso in mano e cambiato volto completamente all’azienda di famiglia, attiva in un settore a vocazione fortemente maschile.   https://open.spotify.com/episode/0tltjX3ysYWmRfLkB7NAR2

La parte finale del nostro gioco, a ruoli inversi – chi l’avrebbe mai detto che sarei stata proprio io, fedele fan, alle prime e assolutissimamente evidenti armi, ad intervistarle! – fa emergere che il mindset imprenditoriale e dell’avversione al rischio non è da tutt*, ma questo non significa che non possa essere messo in pratica, anche dalle persone meno avvezze, quotidianamente. Declinato nella mia versione personale è stata l’idea di contattarle e chiederle se avessero voglia di condividere con noi un veloce sguardo sull’imprenditoria italiana.

E voi, quale piccolo grande rischio vi assumerete oggi?

Io vi consiglio di correre ad ascoltare il prossimo episodio!

 

 

 

 

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