Le “quote di genere” in Italia e in Europa: da necessità ad opportunità di crescita

A cura di Maria Oliva

Nel precedente articolo abbiamo esaminato la legislazione italiana in materia di “quote di genere”, applicate alla composizione del Parlamento e degli organi apicali di società quotate e ne abbiamo analizzato i principi-guida.
Ma quali effetti ha sortito sinora la normativa di genere in Italia? E qual è la situazione in Europa?

Gli effetti delle politiche di genere: risultati e criticità

Gli studi e le ricerche sinora condotti sull’efficacia della legislazione di contrasto alla disparità di genere hanno mostrato una pluralità di risultati, alcuni dei quali sorprendenti.

Con riguardo alla legge “Golfo-Mosca”, il raggiungimento dell’obiettivo di perequazione della presenza di genere in chiave anti-discriminatoria è testimoniato dai numeri che, come accennato, mostrano un progressivo accrescimento della partecipazione femminile ai processi decisionali delle aziende coinvolte. Ma non è tutto.
Con riguardo alla composizione degli organi sociali, è stato misurato l’impatto causale della legge:
❖ sul miglioramento dei processi selettivi e sull’ampliamento del bacino di candidat*;
❖ sulla lieve riduzione dell’età media;
❖ sull’incremento del livello di istruzione; e
❖ sulla diversificazione del background professionale.

La legge “Golfo-Mosca” ha, quindi, promosso il conseguimento di primi importanti risultati in termini di più virtuosa e variegata selezione della platea dei/delle candidat*, assunzione di decisioni più informate e consapevoli e creazione di condizioni favorevoli allo sviluppo del senso critico, all’indipendenza delle opinioni e all’ampliamento della rappresentazione dei punti di vista e delle esperienze, in accordo con la Direttiva 2013/36/UE del 26 giugno 2013 e in chiave di valorizzazione della gender diversity.

Come ha evidenziato una recente ricerca, lo stile di leadership inclusiva, associato al genere femminile, costituisce un elemento essenziale per il futuro dell’impresa, tenuto conto che, come afferma la Prof. Marina Brollo, «una maggiore partecipazione femminile nei vertici aziendali “conviene” alle stesse aziende in quanto aumenta l’efficienza e la competitività stimolando modelli di innovazione dato che le donne possono apportare capacità, conoscenze, competenze, stile manageriale ed esperienze complementari o diverse rispetto a quelle maschili, fondamentali per lo sviluppo e il cambiamento delle istituzioni. Quindi, rafforzare la presenza e il ruolo delle donne nell’ambito economico, e in particolare nel mercato del lavoro, favorisce decisioni migliori e contribuisce a sviluppare il potenziale di crescita del Paese».

Si è ravvisata, quindi, un’evoluzione della governance e della cultura organizzativa, che ha consentito l’emersione di talenti “sommersi” e l’acquisizione degli stessi negli organi di vertice dei principali operatori economici; per contro, ad oggi è stata riscontrata una correlazione semplice tra il miglioramento delle performance aziendali e l’aumento della rappresentanza femminile negli organi di governo societario, prevalentemente in termini di apertura ai mercati internazionali, non accompagnata dalla contestuale assunzione di profili di rischio più elevati.

Alla luce dei risultati concretamente riportati nel tempo, le previsioni della legge “Golfo-Mosca” sono state replicate anche in altri settori.
In particolare, a giugno 2021 la Banca d’Italia ha emanato una disposizione, in senso conforme con la Direttiva UE/36/2013 (c.d. CRD IV) e le linee guida dell’European Banking Authority (“EBA”), volta a colmare il divario di genere storicamente rilevato nel campo bancario, segnando una tappa importante nel riconoscimento dei valori e degli effetti della legge “Golfo-Mosca”.
Nell’ambito del potere di emanare disposizioni in materia di governo societario e di organizzazione, regolato dall’articolo 53, comma 1, lett. d), del Testo Unico Bancario, la Banca d’Italia ha prescritto una “quota di genere” (pari ad almeno il 33%) nella composizione degli organi di amministrazione e controllo dei gruppi bancari e delle banche non quotate che operano in Italia, soggetti ai quali non si applica la legge “Golfo-Mosca”. Le banche sono tenute ad adeguarsi alla prescrizione da gennaio 2022, in via graduale e in proporzione alle dimensioni d’impresa, e il meccanismo delle quote dovrà essere previsto negli statuti.

Inoltre, la Banca d’Italia ha raccomandato agli istituti bancari destinatari della prescrizione di introdurre nei comitati endo-consiliari almeno un componente del genere meno rappresentato e di prevedere forme di diversity tra le cariche apicali, invitando le banche di dimensioni minori ad adottare policy dirette a favorire un approccio inclusivo nel contesto aziendale.

Passando alla legge “Rosato”, dal voto del 25 settembre 2022, oltre a una ridotta percentuale di donne nel primo esecutivo a guida femminile in Italia (6 ministre su 24, a copertura di un quarto dei ministeri assegnati), è emerso che le parlamentari elette sono il 31% del totale rispetto al massimo storico del 35,3% nella passata legislatura. Il dato risulta in calo tra un’elezione e l’altra per la prima volta dal 2001, riflettendo una riduzione della rappresentazione parlamentare femminile sia in termini assoluti, a causa del taglio dei seggi imposto dagli esiti dell’ultimo referendum costituzionale, sia in percentuale.

Questa flessione è da attribuire ai meccanismi della legge elettorale e alle scelte operate dalle forze politiche che, pur osservando formalmente le disposizioni di genere, ne hanno aggirato di fatto lo spirito.
Infatti, tenuto conto che un/una singol* candidat* può competere al contempo in un collegio uninominale e in un massimo di cinque collegi plurinominali, il ricorso alle candidature multiple ha avvantaggiato le candidature maschili. Ad esempio, se la stessa donna è candidata in un collegio uninominale e, come capolista, in cinque collegi plurinominali, potrà ottenere solo un seggio; pertanto, se la candidata è eletta nel collegio uninominale, in caso di vittoria in più collegi del partito al quale appartiene, i seggi saranno assegnati ai candidati seguenti in lista che, per il principio di alternanza previsto dalla legge, sono di genere maschile.
Nei collegi uninominali, invece, le previsioni di genere possono essere facilmente eluse con una distribuzione delle candidature tra collegi ritenuti più sicuri, ai quali vengono candidati esponenti di genere maschile, e collegi reputati di più difficile o incerta attribuzione, ai quali vengono candidate esponenti di genere femminile.
Alla luce di queste considerazioni, gli effetti delle disposizioni a tutela della parità di genere, contenute nell’attuale legge elettorale, risultano sinora complessivamente più limitati rispetto alle previsioni e rischiano di inficiare gli ulteriori progressi nel campo.

Le “quote di genere” in Europa: il raffronto comparativo e la direttiva “Women on Boards”

Il panorama europeo restituisce un’immagine variegata della protezione accordata alla partecipazione di genere, con alcune differenze anche tra gli Stati aderenti all’Unione Europea.

Secondo gli ultimi dati del Gender Quotas Database, sui ventisette Paesi dell’Unione Europea, diciotto sono gli Stati nei quali sono previste, in ambito politico, quote di genere legislative (cioè disposte per legge) e volontarie (ossia adottate dai partiti negli statuti e regolamenti), quattro quelli in cui sono in vigore solo quote legislative e cinque quelli che non prevedono alcun sistema di quote.

Sul fronte economico-imprenditoriale, la “mappa” geografica della tutela di genere in alcuni dei principali Paesi europei, prevede attualmente:
▪ in Francia, quote di genere obbligatorie del 40% negli organi direttivi di società pubbliche e private di grandi dimensioni a carattere commerciale e industriale, nonché obblighi di rilevazione, rendicontazione e pubblicazione relativi alla presenza di genere;
▪ in Spagna, quote di genere al 40% nella composizione degli organi amministrativi di società quotate;
▪ in Germania, la presenza di almeno una donna negli organi amministrativi di società quotate con almeno quattro membri;
▪ nei Paesi Bassi, l’inclusione di almeno il 33% del genere sottorappresentato negli organi amministrativi di società quotate, mentre in Belgio l’obbligo è previsto per un terzo dei/delle component*;
▪ in Norvegia, Stato extra-UE tra i più virtuosi su scala globale, l’obbligo di presenza del genere meno rappresentato al 40% anche in società controllate dallo Stato e cooperative, pena lo scioglimento delle società.

In questo scenario, a fare da spartiacque tra le politiche di genere nazionali, affidate alla sensibilità legislativa del singolo Stato membro e il futuro dell’UE sotto il profilo della tutela di genere, è la c.d. Direttiva “Women on Boards”, adottata dal Parlamento Europeo il 22 novembre 2022, che persegue precisi obiettivi di perequazione ed equilibrio di genere, disponendo in capo agli Stati membri gli obblighi di:
– adottare misure volte ad assicurare che, entro giugno 2026, almeno il 40% degli incarichi di amministrazione non esecutivi o il 33% di tutti gli incarichi di amministrazione nelle grandi società quotate dell’Unione Europea, siano occupati dal genere sottorappresentato;
introdurre procedure di assunzione/selezione eque e trasparenti, fondate su una valutazione comparativa delle candidature secondo criteri neutri, basati su qualifiche e merito;
definire misure di salvaguardia, finalizzate a garantire che non siano utilizzati meccanismi di promozione automatica e incondizionata del genere sottorappresentato;
attribuire la preferenza al/alla candidat* del genere sottorappresentato avente le stesse qualifiche, fatte salve diverse valutazioni obiettive;
– realizzare un report annuale, avente ad oggetto il raggiungimento degli obiettivi della Direttiva (obbligo previsto anche per le società);
– prevedere sanzioni in ipotesi di violazione delle disposizioni della Direttiva.

Gli Stati membri dovranno recepire le disposizioni della Direttiva che, in caso di contrasto, prevarranno sul diritto nazionale; la Direttiva potrà anche rinviare alle disposizioni della legge nazionale in materia (nel caso dell’Italia, alla legge “Golfo-Mosca”), tenendo conto che lo Stato membro competente a regolamentare la società quotata sarà quello in cui la società ha sede legale.

Quali prospettive per lo sviluppo inclusivo?

La riserva di “quote di genere” adottata dall’Italia si è rivelata uno strumento determinante nella formazione di organi sociali con una vocazione più rappresentativa e pluralistica.

Tenuto conto della natura degli interessi portati dalle politiche di genere, delle norme di rango superiore che li tutelano e della condizione femminile globale, ancora oggi fortemente influenzata da pregiudizi di genere radicati e dinamiche discriminatorie, ritenere che la scelta di profili femminili in ruoli apicali o cariche elettive possa essere guidata esclusivamente da criteri meritocratici appare una semplificazione utopistica.
Il concetto di “merito” è, infatti, per sua natura indefinito, si presta a molteplici interpretazioni e troppo spesso viene invocato per giustificare la disparità di opportunità e, in ultima analisi, per mantenere lo status quo; per contro, è possibile (e doveroso) ripensare le “quote di genere” in senso conforme ai valori dell’ordinamento, come strumento promozionale, necessario a creare opportunità per comprovare talento e “merito”.
In questo senso, la Direttiva “Women on Boards” sarà il terreno fertile per coniugare inclusione e competenza.
In tale ottica, l’Italia e gli Stati membri dell’UE dovranno svolgere un lungo e complesso lavoro di ridefinizione dell’approccio alle tematiche di genere, volto a superare i meccanismi disfunzionali che, specie in politica, rischiano ancora di sacrificare gli interessi del pluralismo in nome di strategie di partito.

L’auspicio è che la normativa possa stimolare un cambiamento culturale che porti a ridefinire il ruolo femminile, consentendo di raggiungere un maggiore equilibrio nell’accesso agli incarichi esecutivi, ad oggi affidati alle donne in misura molto esigua in Italia e in Europa, e condurre all’adeguamento degli statuti di tutte le società al principio di parità di genere, inteso anche come strumento idoneo a dominare meglio le sfide dell’innovazione portate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e della sostenibilità, in accordo con l’Obiettivo n. 5 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, elaborata dalle Nazioni Unite.

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Fonti dei dati e bibliografia
https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:176:0338:0436:it:PDF
http://www.mercer.com/services/talent/forecast/gender-diversity.html
https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:176:0338:0436:it:PDF
https://www.esma.europa.eu/system/files_force/library/joint_eba_and_esma_gl_on_the_assessment_of_suitability_it.pdf?download=1

https://elezioni.interno.gov.it/report/20220925
https://www.idea.int/data-tools/data/gender-quotas/regions-overview
https://eige.europa.eu/gender-statistics/dgs/indicator/wmidm_bus_bus__wmid_comp_compbm/datatable
https://euractiv.it/section/diritti/news/il-parlamento-europeo-approva-una-direttiva-sulle-quote-di-genere-nei-consigli-di-amministrazione-delle-aziende/
https://www.aics.gov.it/home-eng/fields/sdgs/
G.S.F.Bruno, A.Ciavarella, N.Linciano, “Gender diversity e performance delle società quotate in Italia”, Quaderno di Finanza, n. 87 del settembre 2018, collana Consob (https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/001/656/Audizione_Genovese_7_5_2019.pdf)
EVA DESANA – FRANCESCO DEVICIENTI – FEDERICA ORIGO – CHIARA PRONZATO – DAVIDE VANNONI (a cura di), L’efficacia delle quote di genere, in Gender Gap, Refresh, 2022 (https://lavoce.info/archives/95324/lefficacia-delle-quote-di-genere/)
M. BROLLO, L’inclusione della diversità di genere negli organi sociali: dalle norme agli strumenti, in M. BROLLO – C. CESTER – L. MENGHINI (a cura di), Legalità e rapporti di lavoro. Incentivi e sanzioni, Trieste, 2016, p. 135 (https://www.openstarts.units.it/bitstream/10077/13446/1/Meng_9.pdf)

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