A che punto siamo con la parità di genere in Italia?

A cura di Veronica Buonocore

Cos’è la parità di genere

Con l’espressione parità di genere si fa riferimento alla parità tra donne e uomini rispetto ai loro diritti, trattamento, responsabilità, opportunità e risultati economici e sociali.

“La parità di genere si ottiene quando uomini e donne hanno gli stessi diritti, responsabilità ed opportunità in tutti i settori della società e quando i diversi interessi, bisogni e priorità di uomini e donne sono ugualmente valutati”.

L’affermazione della parità di genere è solennemente avvenuta per la prima volta il 10 dicembre 1948 nella Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite; la parità di genere è anche l’obiettivo 5 dei diritti umani dell’ONU, sostenuto anche dall’Agenda 2030.

Storia della parità di genere in Italia

In Italia, la parità di genere è sancita per la prima volta dall’articolo 3 della Costituzione, che proclama l’uguaglianza di fronte alla legge senza distinzione di sesso. È solo la prima conquista di un lungo e faticoso cammino per l’affermazione della parità di genere, che può essere riassunto nelle seguenti tappe fondamentali.

  1. 1950: la “Legge per la Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri” introduce le prime tutele per la maternità, vietando il licenziamento dall’inizio della gestazione fino al compimento del primo anno di età della prole
  2. 1963: vengono approvate le norme che vietano il licenziamento in caso di matrimonio e la Legge n. 6/1963, che permette piena parità di accesso delle donne alle carriere professionali, tra cui la magistratura
  3. 1970: la Legge n. 898 introduce nell’ordinamento italiano il divorzio
  4. 1975: la Legge n. 151 in materia di riforma del diritto di famiglia sancisce la parità tra i coniugi
  5. 1977: Tina Anselmi, Ministra del Lavoro, promuove la Legge n. 903, che sancisce il divieto di discriminazione nell’accesso al lavoro, nella formazione professionale e nelle retribuzioni
  6. 1978: le donne ottengono il diritto all’aborto grazie all’adozione della Legge n. 194
  7. 1981: vengono cancellati dal Codice Penale il matrimonio riparatore e il delitto d’onore grazie alla Legge n. 442
  8. 1996: la Legge n. 66 riscrive la disciplina penale dei reati sessuali, prevedendo che lo stupro non venga più considerato reato contro la morale ma contro la persona
  9. 1999: la Legge n. 380 apre alle donne l’accesso alle Forze armate
  10. 2006: con il Decreto Legislativo n. 198 viene varato il Codice delle pari opportunità
  11. 2011: la Legge “Golfo-Mosca” introduce le quote di genere nei CdA delle società quotate (ne abbiamo parlato recentemente anche nel nostro blog)
  12. 2019: viene adottato il “Codice rosso”, che introduce la procedura d’urgenza per i reati di violenza di genere e domestica, inasprisce il quadro sanzionatorio, norma nuove fattispecie penali (tra cui il revenge porn), prevede la formazione delle forze di polizia e la rieducazione degli autori di violenza
  13. 2021: con la Legge n. 162 sulla parità di genere in ambito lavorativo viene introdotta la certificazione per la parità di genere.

Parità di genere in Italia nel 2023

Senza dubbio passi avanti ne sono stati fatti ma è ora di porci la fatidica domanda: a che punto siamo davvero con la parità di genere in Italia nel 2023?

Secondo quanto riportato dal Global Gender Gap Report 2022 del World Economic Forum, il nostro Paese si trova ancora al 63º posto nel mondo per divario di genere, dopo Uganda e Zambia, ben lontano da altre nazioni europee. E il risultato peggiora ulteriormente se si prende in considerazione la parità di genere in relazione alla partecipazione economica. In questo caso il nostro Paese scivola al 110° posto, dietro nazioni come Gambia, Ghana, Tajikistan e Malawi.

“Di questo passo, ci vorranno ben 150 anni per il superamento effettivo dei gap di genere.”

Ma vediamo meglio la fotografia della situazione attuale della parità di genere in Italia dal punto di vista lavorativo, istituzionale ed economico.

La parità di genere in Italia nel 2023

Parità di genere nel lavoro

Nonostante qualche timido passo in avanti, la situazione della parità di genere nel lavoro in Italia resta ancora estremamente critica.

“Il tasso di occupazione femminile si attesta al 51,3%, inferiore del 18% a quello maschile, senza contare che l’Italia è il Paese europeo con il tasso più alto di ragazze Neet, ovvero quelle ragazze tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano (circa il 25%).”

Il gender pay gap, diminuito tra il 2017 e il 2019, a causa della pandemia ha ricominciato a crescere in maniera esponenziale. Attualmente, gli stipendi delle donne, a parità di ruolo e mansioni, differiscono da quelli dei colleghi uomini da un minimo di 3.000€ fino ad un massimo di 13.000€! In Italia, secondo gli ultimi dati Eurostat, il divario salariale si attesta intorno al 43,7% e, paradossalmente, cresce con l’aumentare del livello di istruzione raggiunto.

Le donne lavoratrici sono infatti spesso concentrate in settori a basso reddito e precari, come la sanità e l’istruzione, ed è anche più probabile che abbiano lavori part-time pagati meno, con conseguenze a lungo termine per la pensione. Su tutti i contratti attivati, il 49% di quelli femminili è a tempo parziale, contro il 26,2% maschile.

“Nonostante le donne siano il 58% di quanti si laureano, solo il 30% di loro occupa posizioni di leadership”.

Le ragioni? Principalmente culturali e connesse al ruolo di cura che ancora viene attribuito alla donna.”

“Pensate che, a livello mondiale, il 75% del lavoro di cura non retribuito (ovvero tutte le attività gratuite svolte per supportare la famiglia) è sulle spalle delle donne.”

Ed anche in Italia non siamo mess* bene.

Ogni donna italiana trascorre oltre 7 ore in media al giorno occupandosi della prole e di genitori anziani o malati, destreggiandosi tra spesa e faccende domestiche, e questo carico di lavoro non retribuito ha delle ripercussioni enormi sulla possibilità di investire nella propria carriera e crescita professionale.

L’assenza di condivisone dei carichi familiari e domestici, oltre che di servizi di welfare adeguati e a prezzi accessibili, pesa dunque come un macigno sui sogni e le aspirazioni femminili. Non è certamente un caso che i Paesi con un alto indice di gender equality godono di un congedo di paternità equiparato a quello materno; in Italia siamo fermi invece a 10 giorni di congedo obbligatorio, con solo il 22,3% dei padri che ne usufruiscono.

Allo stesso tempo, c’è anche qualche buona notizia.

L’Italia gode di una delle più alte percentuali di donne nei consigli di amministrazione in Europa: più del 40%, secondo uno studio condotto nel 2023 dall’Istituto Francese degli Amministratori in collaborazione con Ethics&Boards.

L’Italia è stato infatti uno dei primi paesi ad introdurre le quote di genere nei CdA nel 2011 e il dato indica che, a discapito di polemiche sterili, le cosiddette discriminazioni positive sono necessarie per permettere alle donne di occupare spazi che diversamente sarebbero loro preclusi, favorendo una maggiore diversità nelle posizioni di leadership.

Per queste ragioni, la recente adozione della certificazione per la parità di genere è vista come una grande opportunità per promuovere pari condizioni nelle aziende, favorendo l’accesso delle donne nel mercato del lavoro ma anche garantendo equità nel trattamento e nelle retribuzioni, sulla base di metriche oggettive disaggregate per genere (ad esempio, numero di lavoratori e lavoratrici, inquadramento contrattuale, differenze retributive in base al sesso, dati sui processi di selezione e sui criteri adottati per le progressioni di carriera, nonché sulle misure implementate per assicurare un ambiente di lavoro inclusivo).

Per raggiungere una piena parità di genere, tuttavia, non sarà certo sufficiente ottenere un bollino di qualità ma è necessario un vero e proprio cambiamento culturale, ricordando sempre che investire sulle donne conviene, in primis da un punto di vista economico!

“Secondo il Diversity Brand Index, infatti, i brand più inclusivi riescono a performare addirittura il 23% meglio dei loro competitor e Banca d’Italia stima che se l’occupazione femminile raggiungesse il valore del 60%, il Pil crescerebbe di 7 punti percentuali.”

Capite quante potenzialità umane ed economiche ci stiamo perdendo e perché la parità di genere conviene a tutt*?!

Parità di genere nelle istituzioni

È sufficiente la presenza di due donne, l’una a capo del Governo e l’altra al vertice del principale partito di opposizione, per poter dire che il tetto di cristallo è rotto?

Assolutamente no.

“La percentuale di donne in Parlamento, a 75 anni dal loro ingresso, è ancora solo del 31%, e dopo le ultime elezioni nazionali è scesa per la prima volta in 20 anni. Su 146 Paesi, per quanto riguarda la parità di genere a livello istituzionale, l’Italia è solo al 40° posto.”

Inoltre, non vi sono donne che ricoprono cariche nei ministeri chiave – (Esteri, Interni, Economia e Difesa). In controtendenza invece la rappresentanza locale, dove le donne amministratrici comunali sono oggi circa il 33%. Le ultime amministrative, tuttavia, hanno registrato dati poco confortanti: nella corsa a sindaco infatti, nelle 8 città chiave, nessuna donna è stata eletta.

Recentemente, abbiamo potuto assistere all’elezione di Margherita Cassano come prima donna Presidente della Corte di Cassazione ma sono solo alcuni, sporadici nomi, nel mare magnum androcentrico delle cariche istituzionali, i cui vertici sono ancora rappresentati per oltre l’80% da uomini.

Come affermava Ruth Bader Ginsburg, ex-giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America,

Quando mi chiedono quando ci saranno abbastanza donne elette alla Suprema Corte e io rispondo ‘quando ce ne saranno 9 (su 9 membri) le persone rimangono shockate. Ma nessuno si è mai sorpreso quando vi erano 9 uomini, e nessuno ha mai sollevato questioni”.

La parità di genere nelle istituzioni

Parità di genere e denaro

Una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé, se vuole scrivere romanzi

Era il 1929, e quella grandissima pioniera di Virginia Woolf aveva già compreso un concetto fondamentale: coltivare la propria indipendenza economica.

È estremamente importante ricordare che l’indipendenza economica è fondamentale per una vera emancipazione e per affrancarsi dal rischio di essere vittima di abusi e violenze.

“Nel nostro Paese, 1/3 delle donne non possiede un conto corrente, quindi non ha potere economico, ergo non ha la libertà di decidere del proprio futuro in autonomia.”

Pensate che persino le donne laureate in materie economiche e bancarie si ritengono meno informate ed esperte degli uomini con il medesimo background. Questo perché gli stereotipi di genere sono così radicati da condizionare i comportamenti delle donne.

Il pregiudizio si forma prestissimo, già sui banchi di scuola: l’Italia è l’unico Paese con un divario di genere in alfabetizzazione finanziaria già tra i teenager (dati del rapporto OCSE-PISA).

Una delle cause sembrerebbe legata alla matematica e al suo insegnamento: chi è più brav* in matematica, ha in media anche maggiori competenze finanziarie e poiché in Italia le ragazze hanno in media performance peggiori dei compagni, questo si riflette sull’alfabetizzazione finanziaria. La buona notizia è che ci sono strumenti per intervenire a colmare questo gap, in quanto alcune sperimentazioni di insegnamento della matematica nella scuola primaria – in modalità più interattiva e coinvolgente – hanno ottenuto risultati incoraggianti, riuscendo a ridurre le differenze.

Vi è anche un altro dato estremamente positivo.

In risposta a un mercato del lavoro che non le valorizza, le donne italiane stanno esercitando un potente atto di resistenza: creare imprese che rispecchino i loro valori e visione.

A livello imprenditoriale l’Italia è il primo Paese europeo per numero di donne imprenditrici (22% del totale), a cui è attribuibile il 75% dell’incremento imprenditoriale nel Paese.

E c’è di più. Le imprese femminili italiane sono in continua crescita (2,9% contro lo 0,3% di quelle maschili), soprattutto nelle regioni del centro-sud, e si dimostrano più resilienti e reattive.

Conclusione

Cosa resta quindi ancora da fare per la parità di genere?

Continuare ad occupare spazio, fare rumore parlandone senza sosta (non solo l’8 marzo), spiegare all’ennesima persona senza perderci d’animo che femminismo non è il contrario di maschilismo, praticare gentilezza e sorellanza, perché il cammino per ottenere una piena parità di genere va portato avanti tutt* insieme.

Fonti

https://www3.weforum.org/docs/WEF_GGGR_2022.pdf

https://www.lasvolta.it/6586/lavoro-a-che-punto-siamo-con-la-parita-di-genere

https://www.ipsos.com/it-it/8-marzo-giornata-internazionale-donna-2023-parita-genere-diritti-donne-italia

“Le Signore non Parlano di Soldi”, Azzurra Rinaldi, 2023, Fabbri Editori

https://www.osservatoriodiritti.it/2023/03/08/festa-della-donna-2023/

https://www.money.it/Parita-di-genere-cosa-dice-la-legge

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