Ai millennials non basta (più) solo lo stipendio

Un contratto sicuro e uno stipendio fisso non sono più l’obiettivo primario per i lavoratori di oggi, che preferiscono invece una ripartizione più equa del loro tempo diviso tra lavoro e vita privata.

In un mondo in continua trasformazione, infatti, anche il lavoro e il modo di rapportarsi ad esso sta cambiando e i primi a far partire questa rivoluzione sono stati coloro che fanno parte di una delle generazioni più studiate dai sociologi, psicologi e marketers: i millennials.

 

UN CAMBIAMENTO GENERAZIONALE

Quando i nati tra il 1984 e metà anni ’90 hanno iniziato a entrare nel mondo del lavoro, si è vista fin da subito la differenza d’approccio rispetto ai dipendenti più “anziani”: mentre questi ultimi durante la loro giovinezza avevano rinunciato spesso al proprio tempo libero, dedicando ore extra, weekend, notti etc al lavoro, per ottenere in cambio stipendi maggiori e posizioni più alte, i millennials scelgono invece sempre più di non sacrificare il delicato equilibrio vita-lavoro, chiedendo strategie e politiche aziendali volte a migliorare la qualità del tempo passato a lavorare.

Complici le nuove tecnologie, che questa generazione ha ben assimilato essendo cresciuta completamente immersa nella loro evoluzione, le richieste dei millennials sono state ascoltate, ed è così che si è arrivati ad avere oggi lo smart working (chiamato anche “lavoro agile”), orari di lavoro più flessibili e il “free desk”, per citarne alcuni.

Questa differenza di cultura e pensiero ha comportato, inizialmente, che questa generazione venisse vista come poco coinvolta e meno produttiva rispetto alle precedenti. In realtà, con il tempo si è potuto dimostrare che ciò non è assolutamente vero e che non solo non c’è differenza rispetto ai lavoratori di età più avanzata ma che anche questi ultimi preferiscono la nuova modalità di gestione del lavoro e del proprio tempo.

 

 

CHE COSA VOGLIONO I MILLENNIALS

Quali sono nello specifico le richieste che fanno di più oggi i millennials, nel momento in cui cercano lavoro?

  • La possibilità di lavorare da casa, con orari diversi da quelli canonici. In questo modo il lavoratore è più autonomo e indipendente, sente di essere libero di disporre del proprio tempo come meglio crede, purché entro una data precisa riesca a concludere il proprio compito.
  • Una formazione continua in un clima di collaborazione, che dia la possibilità di crescere professionalmente, in modo sereno, e che permetta di interfacciarsi con diverse mansioni, accrescendo così la comprensione dei diversi meccanismi che regolano l’azienda in cui si va a lavorare.
  • Uno spazio di lavoro più smart: uffici modificati nel loro assetto e riorganizzati in modo che la tecnologia sia al centro di essi. Con un wi-fi forte e stabile ovunque e scrivanie “nomadi”, per esempio, è più facile per il lavoratore spostarsi dal proprio posto fisso per gestire le proprie attività, abituandosi così all’idea di lavorare in ambienti diversi rispetto al proprio ufficio tradizionale. Inoltre, i luoghi di lavoro devono avere spazi anche di relax, dove il dipendente possa “staccare” e ricaricare le batterie in totale comodità, come sale break attrezzate con cucine, calcetti balilla, tavoli da ping pong etc.
  • benefit aziendali, come sostegni economici per la gestione della casa e della famiglia (Google e Facebook ad esempio ne forniscono molti ai propri dipendenti), corsi di yoga e altri sport dedicati ai lavoratori dell’azienda, supporto al volontariato che i dipendenti svolgono fuori dall’ufficio etc.

Sono richieste che un tempo sarebbe stato impensabile fare al proprio datore di lavoro, ma i miglioramenti che si sono visti dal lato della produttività del dipendente sono così tanti e tangibili che il numero di aziende che scelgono di applicare nuove regole per una gestione più libera del tempo lavorativo è in aumento costante.

Vi è infatti un “do ut des” tra le due figure (azienda e dipendente) che rende più stretto il rapporto tra di loro: i lavoratori si sentono più motivati a svolgere i propri compiti e impegnarsi se sanno di avere maggiore controllo sul loro tempo e questo è un beneficio anche per l’azienda, che ottiene in cambio dei dipendenti più responsabili del loro lavoro.

 

 

E IN ITALIA QUAL É LA SITUAZIONE?

Nel nostro Paese l’interesse per queste nuove politiche di gestione del tempo lavorativo è aumentato molto negli ultimi anni: secondo recenti studi, per esempio, 8 lavoratori su 10 sono favorevoli allo smart working e vorrebbero poterne approfittare.

L’attenzione su questo nuovo metodo di lavoro è tale che persino alcune istituzioni sensibili all’argomento si sono schierate a favore di esso: per citarne uno, dal 2014 il Comune di Milano indìce ogni anno, verso la fine di Maggio, la Settimana del Lavoro Agile, per sensibilizzare i cittadini e le aziende su questo tema.

Vi è però ancora una ritrosia abbastanza forte da parte delle aziende, molte di esse non permettono ai propri dipendenti di sperimentare questo nuovo modello organizzativo. La difficoltà maggiore è dovuta al fatto che in Italia è ancora tanto presente la concezione di dover controllare il dipendente, come se fosse necessario averlo sempre sott’occhio affinché questo lavori concretamente.

Per superare questo “blocco” è fondamentale innanzitutto che le parti manageriali delle aziende vengano educate allo smart working: sono i dirigenti, infatti, i primi che devono cambiare mentalità e comprendere tutte le opportunità che questo nuovo modello lavorativo può portare. 

E’ così che possono diventare il motore per un cambiamento a tutti i livelli dell’azienda, piccola o grande che sia, che porterà a un futuro in cui ogni dipendente (millennial e non) si potrà sentire soddisfatto del proprio equilibrio tra lavoro e vita privata, con un miglioramento della propria salute psico-fisica e del proprio tenore di vita.

Se si vuole approfondire il discorso sullo smart working, qui un articolo dedicato, uscito sul nostro blog!

Scritto da Beatrice Omaggio

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