Intervista a Eliana Liotta. Il mondo dentro e fuori di noi: cosa c’insegna l’emergenza Covid-19?
Scritto da Natasha Aleksandrov

 

È importante conoscersi e cogliere le opportunità della vita per realizzarsi. Dare un senso alla propria esistenza fa bene alla mente e al corpo. Sulle donne? Mi batto perché nei cartelloni delle associazioni concertistiche, nelle conferenze culturali, nelle società mediche e nei comitati scientifici ci sia una maggiore rappresentanza femminile

 

Ho avuto il privilegio di intervistare Eliana Liotta, giornalista e saggista scientifica. Chi di voi sfoglia ogni settimana Io Donna avrà letto le sue rubriche su benessere e alimentazione. Chi di voi è interessato alla nutrigenomica, la disciplina che studia il rapporto fra quello che mangiamo e il nostro DNA, avrà letto “La dieta smartfood”. Qualcuno la conoscerà per il saggio sul benessere delle donne, “Il bene delle donne”, altri avranno letto “Prove di felicità” o “L’età non è uguale per tutti”, o la seguono sul settimanale Corriere Salute del Corriere della Sera. Qualcun altro l’avrà ascoltata a Bookcity 2020. Chi di voi ha voluto capire qualcosa di più sulla correlazione tra noi e il pianeta in questa emergenza pandemica, avrà letto o sfogliato in libreria “La rivolta della natura”.

Chi c’è dietro questi articoli, i libri, i riconoscimenti, la scienza a portata di tutte e tutti?

Eliana Liotta ci ha parlato di sé, della professione di giornalista, degli sgambetti della vita che ti permettono di rialzarti ed essere più forte, della maternità, dei suoi libri, di alimentazione e correlazione tra il nostro corpo e il pianeta, delle lezioni che possiamo trarre dalla pandemia.

 

Chi è Eliana Liotta?

Non è semplice definirsi. Credo di essere chi ho voluto essere: è importante diventare chi si vuole, così come cogliere le opportunità che ti presenta la vita. Cercare di realizzarsi secondo me significa da una parte capire quali sono le tue potenzialità e i tuoi talenti, dall’altra significa adattarli alle circostanze dell’esistenza, fare in modo che queste si incrocino. Non bisogna intestardirsi su qualcosa necessariamente, bensì essere duttili al punto giusto, perché se ci pensiamo la capacità di adattamento è quella che ha consentito a tutte le specie viventi di sopravvivere.

Ecco, secondo me è intelligente assecondare il fiume dell’esistenza, per prenderne le redini. I giapponesi parlano di ikigai, il senso della vita, la ragione per cui ti svegli la mattina. Sappiamo che non siamo abbandonati alle onde del caso, che la nostra vita ha un senso. Esistono degli studi secondo cui chi ha l’ikigai vive meglio, non solo a livello di equilibrio psichico, ma anche in termini di salute fisica.

 

 

Quindi se mi chiedi chi sono, io ti rispondo che sono una giornalista. A un certo punto mi è capitato e mi è piaciuto farlo. Sono felice di esserlo. Sono una giornalista professionista, che significa che ho fatto gli esami che mi consentono di essere iscritta all’Albo dei Giornalisti Professionisti. Ho fatto una lunga carriera da giornalista e sono arrivata ai vertici della mia professione: direttrice di un magazine di RCS, Ok Salute, e vice direttrice del settimanale Oggi. Ho attraversato tutti i vari step di questa professione. Ho iniziato con la cronaca – nera e bianca – e poi sono passata alla parte redazionale: ho imparato a fare i titoli dei giornali e a impostare gli articoli in una pagina. Poi sono diventata vice capo servizio, capo servizio, capo redattore, eccetera, via via in varie testate, perché ne ho cambiate diverse.

La cosa che mi piace raccontare anche ai miei figli – non perché sia stata un’esperienza gradevole, ma perché secondo me è importante essere consapevoli che possono esistere degli ostacoli e che è possibile superarli – è che, arrivata al culmine della mia carriera professionale, sono stata licenziata, perché il mio giornale è stato venduto, insieme ad altri (alcuni furono chiusi e altri venduti), dalla RCS a un’altra azienda editoriale. Era il 2014. È stato un colpo molto duro, perché io in quel giornale avevo creduto molto. Ero stata nominata alla direzione quando i miei figli erano appena nati: loro avevano tre mesi e mezzo, due gemelli, e io iniziavo a fare la direttrice di Ok Salute, dove ero già vice. Mi ricordo di aver fatto i colloqui con l’amministratore delegato mentre ero incinta… In questo senso per me è come se avessi cresciuto contemporaneamente tre figli, con le debite differenze naturalmente: due in carne e ossa, che ora hanno 13 anni; e uno era il giornale di cui ero diventata direttrice. Quando ti succedono delle cose del genere, un licenziamento, come prima cosa non devi pensare che sia colpa tua. A volte capitano cose inaspettate, che sono totalmente fuori dal tuo controllo.

Può succedere che la vita ti faccia degli sgambetti. Dunque la prima cosa da fare è non colpevolizzarsi, non sentirsi sminuiti. Nonostante la grande sofferenza, sono riuscita a ribaltare la situzione e a dirmi “io mi rialzerò”. La mia mamma mi ha sempre detto “si cade per rialzarsi”.

 

 

In quel periodo di semi-sospensione – durante il quale non sono stata un giorno senza lavorare, perché ho subito avuto delle consulenze e degli incarichi – mi è venuto in mente di scrivere un libro, che poi ha segnato la mia fortuna come saggista. Ho scritto “La dieta smartfood” in un anno e mezzo di tempo. Mentro lo scrivevo, avevo la certezza che sarebbe andato bene in libreria, perché capivo che c’era bisogno di quel libro, un libro dedicato alla nutrigenomica, disciplina che studia il rapporto tra il cibo e il nostro DNA. Le sostanze di alcuni cibi vanno a “dialogare” con i nostri geni, influenzando così la nostra salute. “La dieta smartfood” è uscita nel 2016, pubblicata da Rizzoli. Addirittura è andato “in rottura di stock”, cioè il primo giorno non c’era più alcuna copia in libreria perché erano state vendute tutte. Ci sono state tantissime ristampe, è stato il libro più venduto di Rizzoli nel 2016 ed è stato tradotto in 20 e più paesi. Quindi la mia vita ha subito un’ulteriore svolta. Era già stata molto bella fin lì.

Poi paradossalmente dai libri, sono tornata al giornalismo, perché mi hanno chiesto di tenere delle rubriche su Io Donna e su Corriere Salute. A quel punto sono tornata nel gruppo RCS come firma.

 

 

Contemporaneamente mi si è presentata, cammin facendo, un’altra opportunità professionale: quella legata alle conferenze; ho cominciato con le comuni presentazioni di libri, poi hanno iniziato a chiamarmi per tenere conferenze sui temi dei miei libri, ma non solo. E poi ancora un’altra opportunità professionale: quella delle consulenze che riguardano la comunicazione di temi scientifici.

 

Da dove nasce questa tua passione per le materie scientifiche?

Le scienze mi sono sempre piaciute, sin dai tempi della scuola. Avendo fatto esperienza in più ambiti del giornalismo, sono arrivata anche al giornalismo scientifico, a OK Salute appunto, che ho diretto per sette anni. Mi sono appassionata molto. E tutti i miei libri sono di carattere scientifico.

Ho cercato di raccontare le scienze della vita a modo mio – sia negli articoli che nei libri. Ho sempre pensato che fosse assurdo dividere la cultura in cultura scientifica e cultura umanistica. La cultura è cultura. È come dire che il nostro cervello è solo logico e non emotivo. L’intelligenza è intelligenza emotiva. Quindi se racconti le scienze accompagnandole a sentimento, poesia o citazioni di grandi maestri della letteratura, il messaggio è sicuramente più efficace.

Il problema della scienza è che a volte gli argomenti sono complessi. Allora bisogna cercare di affrontare gli argomenti complessi e paragonarli a concetti e oggetti della nostra quotidianità, in modo che tutti capiscano di cosa parliamo.

 

Ho letto il libro che hai scritto per La nave di Teseo, “La rivolta della natura” e che ti è valso il premio Montale per la saggistica e il premio Vivere a Spreco Zero. Riprendo una frase potente: “Come inquiniamo i cieli, possiamo essere bravissimi a inquinare la pancia. E come la natura si rivolta fuori, così si vendica dentro di noi”. Covid-19 e ambiente, il nostro corpo e il pianeta: quali sono le correlazioni?

Naturalmente quando uso espressioni come “la rivolta della natura” o “la natura si vendica” sono delle iperboli, perché è evidente che la natura non è dotata di volontà.

 

 

Si è finalmente compreso che la nostra salute è assolutamente collegata alla salute del pianeta. Ce n’è voluto di tempo. Tra le correlazioni che esistono tra epidemie e ambiente, ne cito tre che tratto nel libro, scritto con la consulenza dello European Institute on Economics and Environment:

 

  1. La deforestazione e i mercati umidi. La deforestazione e i mercati umidi riguardano il collegamento più evidente: se ti avvicini troppo agli animali selvatici, aumenti in maniera esponenziale il rischio di spillover [passaggio di un patogeno da una specie all’altra]. Per esempio, con la deforestazione togliamo la casa ai pipistrelli, così loro sono costretti a cercare il cibo negli insediamenti umani vicini alle aree deforestate. Lo stesso vale per i mercati umidi, dove si vendono gli animali selvatici: si viene a contatto con il sangue, le squame, magari di animali selvatici infetti. Si corre un rischio maggiore di salto di specie. Infatti uno studio recentissimo di Science (posteriore alla pubblicazione del mio libro) ha calcolato che dovremmo investire 260 miliardi circa nei prossimi 10 anni per riforestare almeno il 40% delle aree critiche e chiudere tutti i mercati umidi, con il maggiore investimento che non riguarda tanto gli alberi, quanto il dare lavoro a queste persone che si sostentano con il commercio di animali selvatici. Questo ci dice che cosa? Ci dice intanto che il tema delle disuguaglianze sociali è importantisismo e che non è lontano né dall’ambiente né dalla salute: è un discorso unico. E poi ci dice che nella diffusione delle epidemie non c’è una responsabilità che viene solo da un pezzo di mondo – dai mercati asiatici o dalle megalopoli come Wuhan –, ma c’è una responsabilità che è anche americana e che è anche europea, dell’intero mondo occidentale, nel senso che spesso si abbattono gli alberi per mettere in piedi allevamenti intensivi, oppure coltivazioni come la palma da olio. La responsabilità è complessiva e – come in tutto – non si possono guardare le cose solo dal punto di vista dei paesi più ricchi.

 

  1. I cambiamenti climatici. Un altro collegamento tra epidemia e ambiente riguarda i cambiamenti climatici, che provocano danni non solo a livello epidemico, ma anche rischi immediati, come maggior siccità, inondazioni, bombe d’acqua, e rischi di lungo termine. Tra le altre cose, i cambiamenti climatici causano la proliferazione delle zanzare, che non solo sono fastidiose, ma a volte sono pericolosissime perché sono vettori di virus o di protozoi, come quello della malaria.

 

  1. L’inquinamento. Un’altra correlazione riguarda l’inquinamento, intanto perché di per sé l’inquinamento uccide milioni di persone ogni anno; ma in più, a quanto pare, l’inquinamento rende più suscettibili alle infezioni le nostre vie respiratorie. In altri termini, le persone che vivono nelle aree più inquinate della Terra – e la Lombardia purtroppo è una di queste, insieme alla Cina – sarebbero più soggette a patire le infezioni.

 

Come vedi il futuro?

Io sono ottimista per quanto riguarda l’ambiente, penso che tutto quel che stiamo passando – che è orrendo e disastroso – forse ci permetterà di trarre delle lezioni. Secondo me moltissime persone si sono rese conto che la natura non è qualcosa di separato dall’uomo, che l’uomo è nella natura: i virus esistono da 3 miliardi e passa di anni. Ed è possibile, o almeno me lo auguro, che questa consapevolezza accresca il rispetto per l’ambiente. Sono convinta anche che ci sarà un’accelerazione dell’innovazione tecnologica, perché è questo che può fare la differenza a livello globale per frenare i cambiamenti climatici, così come tutta una serie di impatti delle attività umane sull’ambiente.

I cambiamenti possono avvenire a livello nazionale e sovranazionale e in questo caso è necessario che i singoli stati aderiscano in maniera volontaria (e purtroppo gli USA di Trump si sono ritirati dagli accordi sul clima di Parigi, siglati nel 2015 dall’amministrazione Obama. Vedremo con l‘amministrazione Biden). Dall’altra parte hanno un ruolo anche le signole aziende: il green è una priorità per ogni impresa. C’è poi anche un investimento individuale, che non è solo l’andare in bicicletta o a piedi, che pure è tanto e fa bene, ma riguarda anche l’attenzione all’alimentazione. L’eccesso di carne e di cibi lavorati non fa bene al nostro organismo e neppure all’ambiente che ci circonda.

 

 

I tuoi suggerimenti per le giovani donne, per stare bene.

Bisogna avere rispetto per sé e per quello che ci circonda. C’è una grandissima corrispondenza tra noi e il mondo, se ci pensiamo: il mondo di fuori popola noi, nel senso che ospitiamo una immensa comunità di microrganismi, come batteri e virus, da cui dipende la nostra salute: partecipano alla digestione, costruiscono vitamine, allenano il nostro sistema immunitario. Alcuni virus dentro di noi, a quanto pare, svolgono funzioni importanti, perché frenano per esempio la proliferazione di alcuni batteri cattivi. Quindi è importante mantenere dentro di noi la biodiversità, esattamente come è importante mantenere la biodiversità nel mondo di fuori, nell’ecosistema della giungla, nell’ecosistema della steppa…

Quel che fa bene al nostro mondo di dentro, e quindi a noi, è esattamente quel che fa bene al mondo di fuori. In questo senso, dobbiamo avere un’alimentazione che sia molto vegetale, il che non significa diventare vegani ed eliminare la carne, ma significa mangiare tanti vegetali, che contengono le fibre. Le fibre sono delle sostanze che la carne non ha, nemmeno le uova. Noi abbiamo lo scheletro, ma le piante no: per sostenersi hanno bisogno di questa cellulosa che rende dure le foglie, che rende compatti i frutti. Noi ci siamo evoluti con le piante, quindi a noi fa bene mangiare le piante: l’uomo nella preistoria quello faceva, mangiava piante, frutta, legumi… I batteri dentro di noi mangiucchiano i residui della digestione, quindi anche le fibre, che non digeriamo. Quando li mangiucchiano, creano una specie di balsamo che rende più forte il nostro intestino. Quindi la mia raccomandazione principale è mangiare molti vegetali: fa bene al mondo di dentro, ma fa bene anche al mondo di fuori.

 

Qual è il ruolo del networking nel tuo lavoro?

Il mio è un lavoro di squadra, in questo senso faccio networking, come scrittrice e giornalista, ma anche come parte di una casa editrice, perché sono direttrice di una collana di Sonzogno, «Scienze per la vita».

Poi in maniera del tutto volontaria faccio networking con il Comune di Milano, nel senso che sono parte del comitato scientifico che si occupa del cartellone culturale 2020-2021, intitolato “I Talenti delle donne”, con la speranza che questo serva anche ad avere una più equa rappresentanza femminile nelle stagioni concertistiche, nelle conferenze, nelle mostre.

Un altro network di cui faccio parte è quello delle “Donne Leader in Sanità”, ricevuto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il cui obiettivo è quello di suggerire caldamente alle società mediche, alle istituzioni e alle aziende di nominare ai vertici una quota equa di donne. È una battaglia giusta da combattere tra donne, ma anche con gli uomini. Credo che i veri uomini siano quelli che stanno dalla parte delle donne e che le supportano nel realizzare questa rivoluzione storica.

La meritocrazia non si scontra con le quote rosa: se non diamo una scossa, non riusciamo a far prevalere la meritocrazia, perché c’è una sorta di pigrizia mentale in chi è chiamato a scegliere, per cui va sempre sugli stessi binari e sceglie il maschio se è abituato a scegliere il maschio. Invece bisogna obbligare chi sceglie a guardare anche dall’altra parte, privilegiando il merito.

 

Come influisce la materinità sul tuo lavoro?

Io credo che avere dei figli sia un grande privilegio. Se devo fare un bilancio, posso dire che è più quel che loro danno a me rispetto all’impegno che do io. Io credo che i miei figli mi rendano una persona migliore. Quando hai una relazione con qualcuno – di qualunque tipo, sentimentale, professionale, familiare… – è fantastico quando questa relazione ti rende migliore rispetto a come saresti senza. Posso dire di essere fortunata, perché grazie a loro sono cresciuta come persona e come professionista. Il mio mondo si è allargato.

 

I tuoi prossimi progetti….

Ora sto lavorando alla revisone di un libro che uscirà a marzo per La nave di Teseo dedicato al rapporto tra alimentazione e ambiente.

 

E allora noi non vediamo l’ora di leggerlo.

Young Women Network ringrazia Eliana Liotta per il tempo e i contenuti condivisi. Grazie! 

 

Iscriviti alla nostra Newsletter!
Ho letto e accetto i termini e le condizioni