10 domande sul Neuromarketing al professor Vincenzo Russo

 

Lunedì 10 giugno a Roma,  abbiamo avuto il piacere di ascoltare il prof. Vincenzo Russo, docente di Psicologia dei Consumi e Coordinatore del laboratorio di NeuromarketingBehavior and Brain Lab” IULM di Milano che ci ha introdotto ad alcune delle più interessanti tematiche studiate nel Neuromarketing.

Ma cos’è il Neuromarketing?

Il Neuromarketing è una disciplina nata dalla combinazione delle più recenti ricerche neuroscientifiche, di brain imaging e delle tradizionali tecniche di indagine, che permette di misurare l’efficacia della comunicazione e del marketing attraverso l’analisi diretta delle emozioni e dei processi alla base delle decisioni di acquisto con l’obiettivo di determinarne le strategie.

Alla base del Neuromarketing vi è la consapevolezza che le tecniche di mercato tradizionali, quali focus group, interviste e questionari, non sono più sufficienti per capire e prevedere le scelte di acquisto dei consumatori, poiché ciò che dichiarano potrebbe essere condizionato da fattori quali desiderabilità sociale, inconsapevolezza, o semplicemente poca attenzione.

 

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1)Professore, come si è avvicinato al neuromarketing?

Casualmente o meglio da un’esigenza: quella di studiare le emozioni in maniera corretta.

La modalità con cui poi le ho studiate è avvenuta quando alcuni del mio gruppo di ricerca sono andati al MIT (Massachusetts Institute of Technology Boston), dove esiste un laboratorio di Eye-tracking e lì abbiamo iniziato a studiare tutte le attrezzature utilizzate nel Neuromarketing che poi negli anni sono diventate poi sempre più economiche e più facili da utilizzare.

Successivamente si è avuta la possibilità di farle parlare tra di loro e avere delle misurazioni dirette e sempre più dettagliate delle emozioni.

 

Eye-tracking

 

2) A proposito di queste macchine, sono degli stumenti molto costosi? È possibile averli direttamente all’interno delle aziende?

Sì qualche azienda ce l’ha, non sono molto costose, con 100mila euro si riesce a comprare un attrezzatura completa.

Il problema ed il costo più importante è poi avere delle persone che le sappiano utilizzare e che conoscano più lingue: il marketing, la semiotica, la psicologia e la bioingegneria, quindi è chiaro che diventa a questo punto un investimento importante perché implica avere un gruppo di lavoro interdisciplinare dedicato a questo.

È un lavoro che necessita constantemente un rinnovo degli algoritimi e degli stumenti indicatori da utilizzare, perché ne esistono tanti ma bisogna sperimentare qual è il più corretto per il tipo indagine che si vuole fare.

3) Che tipo di studi bisogna fare per seguire questo tipo di percorso?

Il neuromarketing è un percorso interdisciplinare, sicuramente le neuroscienze cognitive sono un campo di interesse ma bisogna avere delle competenze di bioingegneria, di semiotica, marketing e psicologia per avere un quadro completo, non c’è un percorso principe, ci sono figure principe, nel senso che in laboratorio devono esserci un esperto di psicologia della comunicazione del marketing, un bioingegnere e un esperto di semiotica.

Il lavoro è congiunto, è quello che ti dà la forza di avere uno strumento valido.

4) Oggi si parla tanto di emozioni, di vendita emozionale, di customer journey. Secondo lei le aziende hanno capito l’importanza di queste tematiche e stanno investendo nel modo giusto in questo senso?

Alcune lo hanno capito, e altre no. Fanno finta di avere capito ma in realtà poi le analisi razionali, l’uso del marketing emozionale è molto poco sfruttato, hanno delle potenzialità enormi, solo che bisogna avere le competenze da una parte, la sensibilità dall’altra e qualcuno che sappia guidarle con questi strumenti. C’è molto di detto e poco di fatto.

 

5) Trovo che ci sia un grande paradosso oggi tra l’utilizzo di tutta questa tecnologia ed il bisogno poi di umanità. Come possiamo capire quindi quanto è giusto investire in tecnologie e quanto nell’umano? Come si possono bilanciare le due cose?

Non è un caso che sempre più spesso si sente parlare di Phygital, la possibilità di mettere insieme il fisico con il digitale.

Io credo che ci sarà sempre l’esigenza di avere una dimensione umana, per cui queste sostituzioni esclusivamente tecnologiche le avremo fino a un certo punto.

Lo stesso discorso vale anche per le intelligenze artificiali: avremo sempre più intelligenza artificiale, però, avremo sempre l’esigenza di tirar fuori le emozioni reali.

Le tecnologie delle neuroscienze sono tra l’altro quelle che aiutano le emozioni vere a venire fuori,  quindi ci sarà sempre di più un tentativo di equilibrio tra le due dimensioni.

 

Intelligenza artificiale

6) Cosa accadrà nel futuro nel negozio?

I retail in particolar modo diventeranno un punto esperenziale, già oggi lo lo sappiamo e vediamo.

I giovani soprattutto vanno a fare esperienza in qualche luogo fisico e poi comprano online sperando di risparmiare qualche cosa.

I punti vendita diventeranno sempre di più luoghi esperenziali ed emozionali.

In questo senso il neuromarketing e l’intelligenza artificiale potranno dare tanti contribuiti ed anche se tutto sarà computerizzato l’esperienzialità sul campo resterà fondamentale, pensiamo soprattutto al settore Food.

Il cibo non lo puoi comprare online se prima non lo provi, una volta assagiato poi lo compri online.

I retail che investiranno sull’esperienzialità saranno quelle che andranno avanti.

 

7) Anche la figura del venditore cambierà?

Secondo me sì perché dovrà essere più competente, dovrà conoscere le tecniche di neuroselling sul funzionamento celebrale e su come sfruttare queste competenze per entrare più in sintonia nella relazione con qualcun altro, per cui il venditore diventerà  ancora di più una funzione importante soprattutto se riuscirà ad intermediare con la tecnologia, diventandone lui stesso portatore.

 

8) Quindi la formazione dovrà essere sempre più continua e costante?

Assolutamente sì. Sopratutto per integrare e dare la giusta definizione alla parole phygital che non è soltanto tecnologia ma è un incastro dei due e soltanto una persona può aiutare a fare questo.

 

9) Quanto è importante avere consapevolezza di come funzioni il neuroselling?

Il neuroselling è quella tecnica che ci permette di capire meglio perchè funzionano alcune tecniche di vendita. Abbiamo sempre utilizzato le tecniche di vendita, oggi grazie alle neuroscienze sappiamo meglio perché funzionano e avendone più consapevolezza si ha più abilità nell’usarle. Si passa dall’essere tecnici ad essere professionisti. Il tecnico le usa ma il professionista le usa con abilità perché le ha capite.

 

10) A parte i suoi testi sulla psicologia dei consumi ed il neuromarketing ci sono altri libri che può consigliare a chi vuole approfondire l’argomento?

.

Se invece si va sull’asse della pubblicità c’è:

 

 

 

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“Le persone non pensano ciò che sentono, non dicono ciò che pensano e soprattutto non fanno ciò che dicono”. (David Ogilvy) . Ieri si è svolto a Roma l’evento di YWN dedicato al #neuromarketing ???? : le nostre ragazze hanno scoperto come affettivita’, opinioni e contesti culturali stanno modificando le nostre reazioni e le nostre scelte. Anche la differenza di genere gioca un ruolo fondamentale: uomini e donne hanno infatti, differenti percezioni agli stimoli. . ???????? In tutto questo, il neuromarketing fornisce le risposte: le tecniche su cui si fonda consentono, infatti, di verificare con maggiore precisione la variazione della condizione emotiva determinata dalle stimolazioni di marketing grazie all’analisi di tutti quegli indicatori legati alle emozioni. . Abbiamo imparato questo e molto altro grazie alla presenza di Vincenzo Russo, professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano e Direttore Scientifico del Centro di Ricerca di Neuromarketing Behavior and Brain Lab IULM. . ✨E tu, sapevi già cosa fosse il #neuromarketing? Facci sapere nei commenti!⤵️ . #achievemoretogether #youngwomennetwork #girlpower #donneincarriera

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Scritto da Silvia Colaneri

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