Giovani donne StraOrdinarie

Di Laura Senziani e Camilla Artoni, del Team Advoacy Lobbying and Research di YWN

Avete mai provato a cercare su Google una cosa del tipo “Donne che hanno combattuto per la parità di genere?”. Provate e vi compariranno nomi come Malala Yousafzai, colei che ha sfidato i talebani per assicurare l’istruzione alle bambine; Michelle Obama che non è stata più di una first lady pura immagine; Emma Watson (l’Hermione Granger, senza la quale Harry Potter non sarebbe probabilmente sopravvissuto al primo incontro con Voldemort); Rosa Parks che con un semplice gesto ha sfidato il sistema razzista; ma ancora Rita Levi Montalcini, Emma Bonino, Frida Khalo e persino Lisa Simpson – che ha reso iconiche le nerd e le amanti dello studio di tutto il mondo – e moltissime altre ancora… Grazie al loro coraggio hanno cercato di smuovere montagne che sembravano irremovibili, hanno sollevato temi che oggi mastichiamo con maggior facilità innescando un’onda popolare e noi le ringraziamo per questo.

Cosa c’è di altrettanto potente di quei gesti ordinari che riescono a lasciare un segno, seppur piccolo, nelle nostre vite e in quelle altrui? Lo lasciamo decidere a voi, facendovi ispirare da storie di giovani donne coraggiose, seppur non famose, che potrebbero essere la nostra vicina, la nostra collega, la nostra migliore amica o perché no, noi stesse. Ne abbiamo raccontate due diverse tra loro, ma vicine allo stesso tempo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna appena trascorsa, una goccia piccolissima nel mare, ma dal grandissimo significato: ognuno di noi può fare qualcosa per accelerare la parità di genere e difendere la dignità dell’essere donna.

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W. e R. contro i pregiudizi, unite si può

W. e R. sono due infermiere, di quelle che abbiamo ringraziato durante il lockdown perché hanno dovuto saltare le ferie, hanno vissuto con l’ansia di tornare a casa e portare il Covid-19 ai propri famigliari… insomma, appartengono alla categoria di donne invisibili che la pandemia ci ha obbligato finalmente a notare. Ma il Covid-19 non è stata l’unica fatica non programmata che le ha unite. W. è una ragazza di religione musulmana e proveniente dall’area del Magreb che, in Italia ormai da svariati anni, si è realizzata costruendosi una famiglia, finendo i propri studi sino a trovare il lavoro dei sogni. La sua religione, che lei interpreta mettendo senza costrizione l’hijab (il velo delle donne musulmane della tipologia che lascia il viso completamente scoperto), non passa inosservata. Durante la fine di un turno un collega, medico, le si rivolge in battuta dicendo “sei una terrorista o un’infermiera?!”. Cala il silenzio.

Eccoci qua. “Niente di nuovo”, starete pensando. Pregiudizi che diventano strumenti per ridicolizzare, per far ridere le persone attorno a sé, ma che nella realtà sono battute solo per chi le fa e non per chi le riceve. L’assunto: “velo, musulmana quindi terrorista”. Era da un po’ che non lo si sentiva nel dibattito pubblico, troppo impegnato a costruirne di nuovi, ma i pregiudizi radicati sono un po’ come le prime volte, non si dimenticano mai e diventano parte di noi.

La collega W. assisteva a quel punto impotente a questa scena in cui l’aspirante ilarità oscurava completamente il contesto professionale in cui tutto ciò stava avvenendo. Le due ragazze rimanevano senza parole, travolte da un vortice di pensieri ed emozioni a cui non erano preparate dopo un turno già estenuante. Era Rabbia? Sgomento e incredulità? Forse semplicemente di fronte a quell’inaspettato non c’era molto altro da dire. W. e R. si guardano scioccate e decidono con uno solo sguardo che la cosa non sarebbe potuta finire così, perché quella affermazione aveva profondamente ferito entrambe: R. come diretta vittima di un’evidente discriminazione e W. come collega e professionista, che avrebbe potuto essere lei stessa vittima di quell’ilarità improvvisata tra colleghi. W. ha sostenuto la collega nel portare avanti le rimostranze di fronte ai propri responsabili e far escalation, senza lasciare R.sola, perché pretendere il rispetto nei luoghi di lavoro e la tutela delle vulnerabilità dovrebbe essere la normalità, spesso però vendutaci come lusso per poche fortunate o pochi fortunati.

Morale della favola: le due giovani colleghe si sono supportare, hanno fatto squadra perché da sole si va veloci, ma insieme si va lontano e hanno creato un precedente nel loro ambiente di lavoro: combattere i pregiudizi si può (e si deve), insieme.

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Eliana Salvi: il coraggio di mollare tutto e inseguire i propri sogni

Eliana nasce nella meravigliosa Ascoli Piceno, città che lascia a 19 anni per iniziare l’università, dopo la quale nessuno la ferma più. Per lavoro vive ad Amsterdam, Londra, Atene, Buenos Aires e Copenaghen, ricoprendo ruoli di sempre maggiore responsabilità e diventando, a neanche 30 anni, Marketing Finance Manager. Negli anni impara molto, si mette in gioco, cresce come professionista e come donna; colleghi e manager l’apprezzano e un giorno diventerà Financial Director, o forse no! Eliana è sempre più convita che “no”, quella non è la sua strada: troppi numeri e poca creatività, quella creatività che da sempre la contraddistingue, ma che per alcuni anni ha accantonato, perché il mondo finanziario è più sicuro, con più possibilità di crescita e, perché no, più alti guadagni.

Ma come fare a stravolgere il proprio percorso professionale? Tutte le aziende la cercano per ruoli finanziari, nessuna per quello che vuole davvero fare. È proprio nella capitale danese che Eliana, spinta da un’amica, decide di lanciarsi nella sua prima avventura imprenditoriale: lascia il “posto fisso” e fonda “Pinktrotters”, la prima community di donne che condividono la passione per i viaggi. Eliana, con il suo entusiasmo travolgente, crea connessioni, partnership, organizza viaggi, fa rete tra le donne e, cosa più importante, spinge e ispira altre donne a fare come lei, a non accontentarsi del percorso scelto, a non sertirsi sole, a mettersi in gioco ogni giorno. Eliana esorta a creare le proprie opportunità, a non aspettare che qualcuno venga a bussare alla porta, consapevole che il fallimento fa parte del gioco. Infatti non tutte le avventure imprenditoriali sfociano in guadagni milionari e in ville con piscina; alcune non funzionano, altre mutano nel tempo, ma tutte insegnano qualcosa. Eliana ha avuto il coraggio di ascoltare ciò che davvero voleva fare; grazie alla caparbietà e alla dedizione è riuscita a cambiare il proprio futuro. Oggi Pinktrotters ha cambiato forma, come lei stessa ci spiega parlando del libro che racconta la sua storia: “From Pink to Black and Back”.

”Voglio dare un messaggio positivo, l’ “and back” del titolo fa presagire un ritorno e così è: Pinktrotters non ha più la struttura legale iniziale, ma vive ancora come community non profit e per le finalità di unione e divertimento al femminile”.

Oggi Eliana porta avanti tantissimi progetti: supporta e lavora con le donne grazie a contenuti ad hoc sui social, scrive di altre donne imprenditrici, racconta alle bambine storie di donne mitologiche, perché non esistono solo gli eroi ma anche le eroine; insegna a fare squadra e da pochi giorni ha annunciato una nuova avventura imprenditoriale: “COSMIC The Short-Form Content Universe”.  Eliana ha sfidato se stessa, la paura del fallimento, il suo giudice interiore, ha risposto alle domande scomode, ha superato il pregiudizio verso un’idea nuova, ha dichiarato guerra allo status quo e ha saputo così dimostrare il suo valore, creando il proprio business da zero. Sembra facile, ma ci vuole coraggio da vendere, soprattutto quando la peggior barriera dipende in primis da noi stess*.

La sua storia ci insegna che sono diversi i modi con cui possiamo fare la differenza, per noi e per le altre, ma per farlo dobbiamo avere il coraggio di sfidare la realtà che conosciamo con dedizione, studio, sfruttando le nostre potenzialità e la nostra forza, senza farci condizionare troppo dagli altri.

 

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Tutt* noi possiamo scegliere di sfidare i pregiudizi, di stare dalla parte giusta ed è sempre il giorno adatto per iniziare a cambiare le cose, partendo dal nostro piccolo. Quando i diritti non trovano concretezza nella sostanza, non ci si può girare dall’altra parte. Quando un fuoco ci brucia dentro e spinge per emergere, bisogna fare di tutto per ascoltarlo, seguirlo e diventare la nostra migliore versione. Lo dobbiamo a noi stess*.

E come disse Teddy Roosevelt: “Fai quello che puoi, nel luogo in cui sei, con quello che hai”, non so a cosa si riferisse in particolare, ma sicuramente vale per ognun* di noi.

So #ChoosetoChallenge every day for Gender Equality!

#AchieveMoreTogether

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