La donna dei ghiacci, Chiara Montanari

Storie di passione 3

 

La donna dei ghiacci… Chiara Montanari!

 

Sorridente, semplice, sicura di sè… e piena di energia. Sono questi gli aggettivi a cui penso quando incontro per la prima volta Chiara Montanari. La attendo al termine del suo intervento ad iCodex, un hackathon dedicato all’innovazione culturale. Ad un pubblico giovane e attento Chiara racconta la sua esperienza in Antartide, e in particolare le sfide che un lavoro come il suo le pone ogni giorno dinanzi. Lei è un ingegnere, esperta di knowledge Integration, ed è stata più volte a capo di diverse spedizioni scientifiche in Antartide. Chiara però, sul suo sito, si definisce semplicemente una travel addicted…

 

Come sei arrivata in Antartide?

Il percorso con l’Antartide è iniziato quando ero all’Università. Per la mia tesi di laurea in Ingegneria Civile volevo un’idea che fosse nuova, stimolante… e l’ho trovata quando ho accettato di sviluppare un impianto di condizionamento per una base italiana in Antartide. Ma mai avrei pensato che sarebbe stato solo l’inizio di un lungo viaggio. Un giorno Mario Zuchelli, allora alla guida del progetto italiano in Antartide, mi chiama e mi dice: “Ho letto il tuo studio, mi piace, lo facciamo!”. In quel momento riuscivo a sentire solo una cosa: panico! Ero molto spaventata, ma ho deciso comunque di lanciarmi. Così sono partita per l’Antartide… e non ho più smesso: è come se tra noi fosse scattato un colpo di fulmine, una passione.

 

Essere donna. I punti di forza e quelli di debolezza?

La disponibilità è una caratteristica fondamentale se decidi di fare l’esploratrice, ed è una cosa che le donne hanno. E in particolare in Antartide devi essere disponibile a farti contaminare dall’esperienza stessa. Un aspetto negativo di noi donne invece… mi viene in mente quel grosso bagaglio di insicurezze che solitamente ci portiamo dietro. Ti faccio un esempio: una volta il mio capo mi ha proposto di andare in Antartide, ma nonostante avessi molta esperienza, semplicemente all’interno dello staff e non come capo spedizione. Questo perché tipicamente le donne non sono ai vertici di comando, mi ha spiegato. Il capo sarebbe stato un uomo. Ed io allora ho rifiutato. Poi dopo un po’ mi è stato proposto di partire come capo spedizione, e sai cosa? Avevo paura e sono stata assalita da quei mille dubbi di cui ti parlavo prima. Il consiglio migliore l’ho ricevuto da un’amica americana che mi ha detto: “Qualsiasi decisione tu prenda, prendila come se fossi un uomo!”.

 

Un modello a cui ti sei ispirata?

Shackleton. Storicamente gli esploratori sono uomini. Ci sono poche donne che sono state esploratrici e purtroppo sono state anche poco raccontate.

 

 

Quali sono i consigli per una giovane donna che si affaccia al mondo del lavoro, scegliendo di seguire una propria passione?

Non fatevi limitare dal dialogo interiore. Che è positivo perché ti consente di metterti sempre in discussione, ma spesso ti limita. E poi non abbiate paura di osare… e di sbagliare. Noi in Antartide non abbiamo assolutamente il concetto di fallimento, perché siamo in un ambiente nuovo e quindi l’errore esiste solo se ripetuto. E comunque l’errore è produttivo, in particolare per le donne.

 

Scritto da Francesca D’Amico

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